Il folclore e la cura del bestiame

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Il folclore e la cura del bestiame

Pubblicato il: 18-04-2023

La tradizione sarda ricorda che un vecchio contadino di Cabras, nei pressi di Oristano, volendo diventare ricco, si recò presso un nuraghe ove abitava una fata. Questa lo volle accontentare; salì su un nuraghe della penisola sarda del Sinis, estrasse dalla sua tasca un pugno di grano e lo sparse sul terreno. Appena i chicchi toccarono il suolo, si tramutarono in tante mucche nere che rapidamente raddoppiarono di numero in quanto da ciascuna nasceva nell’immediato un vitello nero. Il vecchio si credette ricco, quando le bestie incominciarono improvvisamente a scomparire. Provato dall’accaduto, si rivolse alla fata chiedendole cosa fosse successo. Lo ascoltò pazientemente, poi replicò il prodigio e svelò all’uomo il segreto per cui queste non sarebbero più scomparse. L’incanto consisteva nel toccarle tutte con la mano destra e fare su ciascuna un segno della croce, cosa che il vecchio fece. Dove era stata tracciata una croce spuntò una macchia bianca sul nero manto dei bovini che presero a pascolare tranquillamente, senza più scomparire. In Toscana una certa Orlica da Radda, inquisita nel 1650 presso il tribunale di Chianni, svelava alcuni rimedi per curare gli animali. “Il bue con il collo grosso” diceva la donna “deve essere stropicciato con paglia di segale. Per trattare il piede sconvolto di un bue basta prendere alcuni legnetti di olivo e portarli in casa, adagiarli vicino ad un’immagine della Madonna e pregare”.